Capitale finanziario e Capitale reale

Copertina capitale

Il sottotitolo del CapitaleCritica dell’economia politica – richiama esplicitamene la critica di Kant. Il temine «critica» va preso sul serio, anche perché ricorre in un altro dei pochi libri pubblicati direttamente da Marx.
Quando si parla, in senso tecnico, di atteggiamento critico, non ci si riferisce alla generica attività intellettuale consistente nell’esame, nella valutazione e nel giudizio di fatti o idee – come si legge sull’Hoepli. Ci si riferisce, invece, alla posizione di Kant, rispetto alla quale, le posizioni precedenti possono essere definite pre-critiche.
Per Kant, come in parte per Cartesio e Leibniz, l’autentico Subiectum o, per dirla in modo greco, l’autentica sostanza, lo ὑποκείμενον (hypokeimenon – sostanza, dal latino substantia, ricalcato dal greco) è l’io. Hegel può affermare che la sostanza autentica è il soggetto, il senso autentico della sostanzialità è la soggettività (Heidegger, I problemi fondamentali della fenomenologia). Quando Marx dice che il lavoro è la sostanza della ricchezza, si richiama a questa tradizione critica. Ed è totalmente fuori strada Böhm-Bawerk, quando, mettendosi nei panni di un empirista inglese del Seicento o del Settecento, attribuisce a Marx una retrocessione dall’empirismo inglese (nel quale effettivamente lui è immerso fino ai capelli) alla scolastica. È un errore comune. Anche leggendo Hegel può sembrare, ma non è così, di arretrare rispetto a Kant.
Per tagliare corto, secondo Hegel
(Lezioni, 3,II,230), l’illuminismo, che rimanda all’empirismo inglese, distingue l’intelletto dal mondo là fuori.
Per l’empirismo
(Locke), l’esperienza è quell’atteggiamento passivo, mediante il quale l’intelletto, tramite la sensazione, riceve l’impressione delle cose quali esistono, e forma le idee semplici. A questo punto, mediante un’azione attiva, l’intelletto, attraverso comparazione, distinzione e contrapposizione, separazione o astrazione, ricava i concetti generali, quali spazio, tempo, esistenza, unità, diversità, causa ed effetto. (Confrontate tutto ciò con le Tesi su Feuerbach).
Nulla è più superficiale di questa idea, dice Hegel. La cosa stessa di cui si tratta – l’essenza – non viene affatto sfiorata. Ci si rivolge ad un determinato, compreso in un rapporto concreto, poi l’intelletto da una parte astrae, a dall’alta fissa. Ci si limita a porre a fondamento la traduzione del determinato nella forma dell’universalità. Ma questa essenza universale che viene posta a fondamento è proprio ciò di cui bisogna dire cosa sia. Lo stesso Locke, dice Hegel, alla fine è costretto a confessare di non sapere minimamente cosa sia lo Spazio.
La
formulazione dell’Universale proposta da Locke, nonostante la sua patente infondatezza, è diventata famosissima – dice Hegel. Cosa c’è di più chiaro che il dire che abbiamo il concetto di tempo perché percepiamo, non propriamente vediamo, il tempo, e dello spazio perché lo vediamo?
Il fatto è, dice Hegel, che Spazio, Causa, Effetto, ecc., sono categorie. La questione è: In che modo queste categorie vengono al particolare? In che modo lo spazio universale perviene a determinarsi?
Q
uesta interpretazione superficiale, che ritiene che là fuori vi sia il mondo cosiddetto reale, il mondo delle cose che si toccano e che si vedono, e rispetto al quale il mondo delle idee è un mero riflesso ricavato per astrazione e fissazione, è davvero pre-critica, e conduce a forme di idealismo soggettivo, tali per cui non ci sono fatti ma solo rappresentazioni.
Anche la cosiddetta partizione tra capitale reale e capitale finanziario l’ascia totalmente indeterminata la natura del capitale.
Di cosa parliamo quando parliamo di capitale?
Che cos’è il capitale?
Davvero il capitale è una cosa reale? Davvero, dopo Hegel
e Marx, questa partizione è così pacifica? È mai possibile avviare un’azienda con mero capitale reale? Augusto Graziani credeva di no. Addirittura pensava che il vero capitale fosse il capitale – semplifico all’osso, e mi trattengo volutamente dal decidere (la decisione qui è quasi tutto) quale dei due (anzi tre) capitali che qui si menzionano sia il vero (o il reale?) capitale – Graziani credeva che il capitale reale fosse il capitale Ideale. E non aveva tutti i torti.

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