Shizuo Mori ha un modesto coffee-shop un po’ vintage a Toranomon, il quartiere del business a Tokyo. Ha 78 anni e serve caffè preparato con una caffettiera a sifone, 400 yen (€ 3) a tazza. Il costo all’ingrosso della polvere di caffè è aumentato del 5% in tre mesi. In 50 anni che faccio questo lavoro, dice (reuters), non mi è mai capitato di registrare un aumento della materia prima. I miei clienti sono suscettibili a ogni aumento dei prezzi. Potrei perderli. Per adesso sconto gli aumenti dal mio guadagno. Non so per quanto potrò andare avanti. I salari non sono alti, dice. La gente smette di bere se aumento il prezzo.
Complice uno Yen debole, l’aumento dei prezzi sta colpendo diversi comparti. A settembre il prezzo della carne bovina importata è aumentato del 7,2% da settembre dell’anno precedente (A/A). Il controfiletto e la punta di petto importati dall’Australia sono aumentati ad agosto rispettivamente del 13 e del 35%. Un kg di carne bovina statunitense congelata comprata all’ingrosso ad agosto è aumentato dell’83,4%. (Reuters)
In più del 30% dei suoi ristoranti, la catena di Fast food Matsuya, ha aumentato del 18% il prezzo del suo piatto forte, il Gyudon (riso, manzo e cipolla in brodo di pesce e alghe) portando il costo a 380 yen (€ 2,87).
Ajinomoto Co Inc., con un fatturato di 9,8 miliardi di dollari e 34 mila dipendenti, attiva nel settore della produzione di condimenti, bevante, surgelati e dolcificanti, ha aumentato di circa il 20% il prezzo di 40 prodotti a base di caffè. L’ultimo aumento è stato registrato nel 2011. Stessa cosa per Meiji, azienda di prodotti lattiero-caseari, che ha aumentato i prezzi fino al 12,8%, prezzi che non toccava dal 2008.
Per quanto riguarda i prodotti base di importazione per i mangimi animali l’aumento è stato addirittura del 91,9% (A/A) (Reuters).
Il rapporto mensile sull’Indice dei Prezzi alla Produzione (prezzi all’ingrosso) diffuso il 27 settembre dalla Banca centrale giapponese (BOJ – boj.or.jp) registra un aumento del 28,9% del trasporto marittimo di merci, del 32% del trasporto interno di merci e del 23,7% dei trasporti internazionali.
Secondo i dati rilasciati il 15 novembre dal National Bureau of Statistics of China, a settembre in Cina i prezzi alla produzione dei manufatti sono saliti del 10,7% su base annua, e dell’1,2% su base mensile. L’indice di acquisto dei manufatti è aumentato del 14,3% su base annua e dell’1,1 % su base mensile.
Per quanto riguarda le varie tipologie di prodotti l’ufficio nazionale di statistica segnala un aumento del 14% dei mezzi di produzione, mentre i prezzi dell’industria mineraria sono saliti del 49,4% e dell’industria di trasformazione del 8,9. Carburante e energia (A/A) sono aumentati del 30,3%, i metalli ferrosi del 23,3, le materie prime chimiche del 20,7%, i fili metallici non ferrosi del 22,6%, il legno e la polpa di legno del 7,2%, l’estrazione e il lavaggio del carbone del 74,9%, l’estrazione di petrolio e gas naturale del 43,6%, l’estrazione di minerali metallici ferrosi del 29,4%, la lavorazione di petrolio, coke e combustibile nucleare del 40,5%, le fibre chimiche del 23,8% (stats.gov.cn)
Perché sta succedendo tutto ciò? In molti nel mondo, scienziati, analisti, investitori, primi ministri, negozianti, cittadini preoccupati per i risparmi, gente che vuole vendere la casa ma ha paura di mettere i soldi nei buoni della posta, in molti si chiedono «Perché?».
Trovare una causa è rassicurante, consolatorio, ha un effetto placebo. Chi è stato? Sono stati i marziani, l’inflazione, lo shipping. Vediamo una coda sull’altra carreggiata. Cosa sarà successo? Rallentiamo per «vedere» la causa e creiamo una coda anche nella nostra carreggiata. La volontà di sapere è connessa con una Frustrazione Ottimale, fa accadere cose, crea ulteriori complicazioni e una nuova ansia da placare.
Il 15 ottobre, su project-syndicate.org, Diane Coyle ha parlato di shock da offerta. I mercati del gas, dell’anidride carbonica, dei giocattoli, dei mobili pronti da assemblare, degli iPhone, dei chip per computer e molto altro sono stati colpiti. Questi shock di approvvigionamento, si chiede Coyle, sono un’interruzione temporanea, in attesa che l’economia globale si riprenda dall’impatto della pandemia, oppure stiamo assistendo a un tracollo del sistema produttivo globale?
La presunta diversificazione dell’offerta risultante dalle liberalizzazione, adottate dappertutto, sembra spesso illusoria. Per molti prodotti l’offerta, anziché diversificarsi, si è concentrata. La scissione delle catene di produzione globali in collegamenti sempre più specializzati ha portato a correlazioni inaspettatamente strette tra diversi settori, come ad esempio la connessione tra fertilizzanti e cibo o semiconduttori e automobili, rendendo questi settori ancora più vulnerabili agli shock da offerta.
Le vulnerabilità si sono rapidamente rafforzate a vicenda e si sono auto-amplificate. Anche il just-in-time, dice, sta presentando il conto.
Infine, dice, e questo deve fare davvero riflettere su quanto la globalizzazione sia stata un motore di disordine nel mondo; infine, dice Diane Coyle, dopo 30 anni di globalizzazione, ci sono, sorprendentemente, poche informazioni dettagliate e pubblicamente disponibili sui flussi di prodotti nelle catene di approvvigionamento globali. Tutto è affidato alla semi-anarchia del mercato e alla sua pretesa (pretesa) Distruzione Creatrice.
Esempio di disastro legato alla scissione delle catene di produzione è la carenza di CO2 nel Regno Unito.
La CO2 – l’anidride carbonica industriale – è un sottoprodotto dell’industria dei fertilizzanti. Viene usata nell’industria alimentare in centinaia di prodotti: per l’acqua frizzante, per bibite e bevande alcoliche, per erogare bibite e birre nei pub, per promuovere la crescita delle piante (come i cetrioli). È usata nelle serre, è usata per stordire maiali e polli prima della macellazione, per il confezionamento di carni, per gli alimenti per l’infanzia, per i cibi freschi e i prodotti da forno (la CO2 prolunga la durata di conservazione prevenendo i batteri), per mantenere freschi gli alimenti durante il trasporto (la CO2 viene utilizzata sotto forma di ghiaccio secco e neve).
Nel Regno Unito, CF Industries produce CO2 come sottoprodotto del suo prodotto principale, il fertilizzante (bbc.com). Poiché le fabbriche di fertilizzanti si sono fermate a causa dell’aumento del costo del gas (+ 250% da gennaio), c’è stato un taglio del 60% della fornitura di anidride carbonica alimentare nel Regno Unito (bbc.com).
La decisione di CT Industries di interrompere le operazioni è stata come un pugno allo stomaco, ha detto Ranjit Singh Boparan, del colosso britannico del pollame «2 Sisters Food Group». Il nostro settore è a un punto di non ritorno (bbc.com).
L’industria alimentare è sull’orlo del precipizio, ha detto Dam Couch, capo di Cranswick, produttore di carne di maiale. Abbiamo lavorato sodo durante la pandemia, e adesso ci vediamo bloccati da una carenza di CO2 – incredibile!
Alcune catene di supermercati (Ocado) lamentano la mancanza di prodotti congelati. La situazione si sta avviando al peggio.
Il governo si è impegnato, per 10 milioni di sterline, a soddisfare per tre settimane tutti i costi operativi sostenuti da CF Industries nel suo stabilimento di Teesside. In compenso l’industria alimentare si impegnerà a pagare un incremento del 500% del costo della materia prima (da £ 200 per tonnellata a £ 1.000) (bbc.com).
Per la Food and Drink Federation ci potrebbero comunque essere carenze di pollame, maiale e prodotti da forno. Perché, nella distribuzione di CO2, verrà data priorità agli usi medici. Visto che essa viene utilizzata in alcuni interventi chirurgici invasivi per stabilizzare le cavità corporee, per stimolare la respirazione e per eliminare verruche e nei. Inoltre, la CO2 è utilizzata dall’industria nucleare come refrigerante.
Il Times ha riferito la preoccupazione del governo per una eventuale chiusura dei reattori che potrebbe avere un effetto boomerang sulla produzione stessa di CO2.
Nouriel Roubini, sul suo blog nourielroubini.com, ha parlato di «Balcanizzazione delle catene di approvvigionamento globali» e di «Disaccoppiamento sino-americano».
In effetti, chi sembra davvero soffrire per lo shock energetico è proprio la Cina. Secondo Bloomberg, la Cina, dopo il divieto imposto un anno fa, sta consentendo l’uso di carbone australiano stoccato in precedenza nei depositi doganali. Il gigante asiatico cerca disperatamente carburante per alleviare il suo sistema energetico stressato (Reuters).
Lo sblocco arriva una settimana dopo che il vice premier cinese Han Zheng ha ordinato alle aziende energetiche del Paese di assicurarsi, a tutti i costi, le forniture di carburante per l’inverno. Il Paese è impantanato da settimane in una crisi energetica, con blackout e tagli alle fabbriche che colpiscono la stragrande maggioranza delle regioni. Alcune centrali elettriche sono state chiuse per manutenzione o hanno ridotto i tassi di esercizio per evitare perdite dovute all’aumento dei costi (bloomberg).
L’interruzione dell’importazione di carbone è stata un duro colpo per l’Australia, con una perdita di 39 miliardi di dollari (USA) all’anno.
Giovedì 30 settembre il contratto di carbone più scambiato sullo Zhengzhou Commodity Exchange è stato vicino al record di 216 dollari a tonnellata. È aumentato di quasi il 75% nell’ultimo mese.
Province tra cui Jilin hanno chiesto nei giorni scorsi un aumento delle importazioni di carbone dall’Indonesia, dalla Russia e dalla Mongolia. Mentre i più grandi fornitori di carbone della Cina si sono impegnati ad aumentare la produzione e fare di tutto per aiutare a superare la crisi energetica. Gli analisti sono scettici sul fatto che possano rispondere abbastanza rapidamente per fare la differenza questo inverno (ft.com).
Per quanto riguarda le fonti di energia parlare di shock dell’offerta o da colli di bottiglia nella logistica è riduttivo, come è riduttivo ricercare i motivi della disfunzione a valle della filiera (pompe di benzina), nella mancanza di camionisti o lavoratori nella trasformazione e distribuzione.
In uno studio sulla «Teoria delle code», pubblicato su (bengolub.net), Elliott, Golub e Leduc, notato come piccoli shock nei rapporti di fornitura sono enormemente amplificati, a causa della complessità della produzione, che dipende da più input in molte fasi. Ad esempio, un Airbus A380 ha milioni di parti prodotte da più di mille aziende. Inoltre, nella sua ordinaria amministrazione, Airbus comprende molte fasi della produzione che richiedono contratti e rapporti specifici con aziende di logistica, servizi alle imprese, eccetera. È sufficiente che uno solo dei mille fornitori, o una sola delle aziende che forniscono sevizi esterni, sia inadempiente per bloccare l’intera produzione. È l’estrema, e anarchica, divisione del lavoro, imposta dai vantaggi comparati, che rende fragile il piano (l’anarchia!) industriale del capitale.
Infine, non guasta ricordare il caso del giapponese Yasuo Hamanaka (1993), il Mr. Copper della Sumitomo Corp., il quale era pagato dall’azienda per creare una carenza artificiale per fa salire i prezzi del rame, per poi approfittarne rivendendolo.
Bisogna pregare, bisogna farsi il segno della croce prima di girare la manopola e vedere la fiamma sotto la caffettiere. A questo ci ha ridotti il mercato e il capitalismo globalista.