Urgenza del Rifiuto del lavoro

bifo

Il «Rifiuto del lavoro» e la «Redistribuzione del tempo di lavoro necessario residuo» erano scritti su tutte le bandiere dell’Autonomia. E fa bene Bifo a ricordarlo con questo prezioso libretto giallo scritto nel 1993, quando gli Autonomi si vedevano ormai solo sui libri di scuola.

Cosa si rifiuta con il Rifiuto del lavoro? Certo non l’attività umana, ciò che Marx chiama il metabolismo tra uomo e natura. Lavoro e Attività non sono la stessa cosa. Potremmo dire che il lavoro è ciò che ci piace fare, e l’attività è il contrario; ma vediamo subito che una tale distinzione è illusoria.

Da buon fenomenologo – ha studiato a Bologna con Anceschi – Bifo non cede allo psicologismo o empirismo ingenui. Il lavoro non ha nulla a che fare con il piacere e il dispiacere, col piacere che crede di provare il Prof e il dispiacere che, sempre il prof, crede provi la cassiera dell’Esselunga. Ci sono cassiere che amano il lavoro, e ci sono Prof che detestano ripetere ogni anno l’avvio dell’istituzione cosiddetta totale.

Libro importante, scritto semplice, che tutti dovrebbero leggere, soprattutto quei perbenisti che usano l’etichetta Rifiuto del lavoro per bollare di infamia una serie di lavori, in genere lavori manuali semplici, come appunto quello della cassiera, lavori che fanno gli altri (gli sfigati); lavori sfigati contrapposti ad altri lavori, quelli che fanno loro (o che vorrebbero fare loro) e che in genere hanno a che fare con l’arte, la cultura, il teatro, il cinema e (come ripiego) il Prof.

A differenza dell’Attività, il Lavoro ha il carattere della ripetitività. Ogni attività che, dice Bifo, ha questo carattere è lavoro, anche – soprattutto – le attività che hanno a che fare con la cultura, compreso insegnare, recitare, progettare, eccetera.

La cassiera Ripete – copia – il poeta Crea – inventa. Si tratta di un mito. La Creazione dal nulla (senza ripetizione) è un mito, una religione. Questo mito struttura e gerarchizza i mestieri tra Lavoro e Arte, e permette lo sfruttamento del Lavoro da parte dell’Arte.

Ho visto Oliviero Toscani morente in TV. Sputava sui soldi, lo sterco del diavolo. In tv ha sempre voluto sputare, sputava su ciò che gli ha permesso di vivere una vita agiata, di avere tre-quattro famiglie e una caterva di figli, tutto al di sopra del suo potenziale metabolismo personale, dunque a carico di qualcun altro.

Bifo mette insieme alcuni termini e li sottopone all’autorità della teleologia. Si tratta di un tema scivoloso. Il lavoro ha il fine fuori di sé. Quando il fine è esterno all’attività, questa si trasforma in lavoro. Ripeto, si tratta di un tema scivoloso che introduce di straforo altrettanti temi scivolosi, quali libertà, sovranità, sostanza, eccetera.

La finalità, dice, è eteronoma, eterodeterminata, estranea al loro (dei lavoratori) agire e al loro comprendere. La loro attività è passiva. Il lavoro è attività che non appartiene al suo attore né per la sua concezione, né per la sua finalità, né per i suoi risultati. Il lavoro è attività passiva, eterodeterminata.

In questa breccia aperta da Bifo si infila il tema del controllo, e il mito del Potere (Foucault). Il Potere è un mito che risponde a un altro mito, quello dell’immacolata concezione, della concezione come mera attività, come solo e soltanto attività. Il Potere governerebbe (nel suo interesse) su questo fondo originario di gioia.

Non si tratta (alla Baudrillard) di Dimenticare ogni teleologia e credere di poter navigare a casaccio in un mare senza più alcun riferimento, come altrettante anime belle nichiliste. Bisogna assumere seriamente il consiglio di Nietzsche e osare creare un nuovo Dio.

Nonostante questi piccoli limiti, il libretto giallo di Bifo è importante, perché importante e attuale è il tema Autonomo del Rifiuto del lavoro e della Scarsità e redistribuzione del lavoro.

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