Betty Friedan, La mistica della femminilità 1963

1 – Un problema inespresso

 

Dalla voce della tradizione e da quella degli ambienti freudiani le donne appresero che non poteva­no desiderare destino migliore di quello di gloriarsi della propria femminilità.

 

Impararono a compatire quelle donne nevrotiche, poco femminili e infelici che volevano fare le poetesse, le scienziate o essere presidentesse di qualche associazione. Appresero che le donne vera­mente femminili non desiderano perseguire una professione, ricevere un’istruzione superiore, eser­citare i loro diritti politici: che cioè non desiderano quella indipendenza e quelle prospettive per cui le femministe d’altri tempi avevano combattuto.

 

Migliaia di esperti plaudivano alla loro femminilità. 13

 

Alla fine degli anni 50 l’età media per il matrimonio delle donne americane era scesa a 20 anni e stava ancora scendendo. 14 milioni di ragazze erano già fidanzate a 17 anni. Nel 1920 la proporzio­ne delle donne che frequentavano il college, rispetto agli uomini, era del 47%; nel 1958 era scesa al 35%.

 

Le ragazze cominciavano ad avere il boy friend fisso a 12 o 13 anni, mentre andavano alla scuola media. 14

 

gli architetti proponevano cucine con pareti istoriate e quadri, poiché le cucine erano ridiventate il centro della vita delle donne.

 

Molte donne non lasciavano più la casa, se non per fare compere, portare i figli in macchina da qualche parte, o accompagnare il marito.

 

Le donne che entravano nelle professioni erano sempre meno numerose.

 

Le sue aspirazioni erano: sposarsi, avere 4 figli e abitare in una bella casa situata in un quartiere re­sidenziale piacevole. 15

 

Come donna di casa e madre era rispettata quale compagna paritaria dell’uomo. Era libera di sce­gliere le automobili, i vestiti, gli elettrodomestici, i negozi; aveva tutto ciò che le donne avevano da sempre desiderato.

 

Nessuno discuteva se le donne erano inferiori o superiori all’uomo: erano semplicemente diverse. 16

 

Si tento di licenziare il problema [di non avere un lavoro, di stare sempre a casa] dicendo alla casa­linga che non si rendeva conto della propria fortuna: senza padrone, senza cartellini da firmare la mattina, senza rivali che le contendessero il posto. … Vuole ancora essere segretamente un uomo? Non sa ancora che fortuna sia essere donna? 20

 

Se il segreto della felicità femminile sta nell’aver figli, bisogna dire che mai in America s’è vista una così rapida e avida corsa alla procreazione come in questi anni. Se la soluzione è l’amore, mai le donne hanno cercato l’amore con tanta determinazione. E tuttavia, benché si dica che il problema deve essere in qualche modo legato al sesso, si comincia ad accorgersi che forse non è prettamente sessuale.

 

Perché esiste una tale richiesta di libri e articoli che offrono consigli in campo sessuale? 24

[Insonnia della casalinga] Negli anni 50 questa terribile stanchezza spinse dai medici un tal numero di donne che uno di loro decise di condurre un’indagine. Scopri con sorpresa che quelle sue pazienti che soffrivano della «stanchezza della massaia» dormivano più di quanto un adulto avesse bisogno di dormire – fino a dieci ore al giorno – e che le energie effettivamente impiegate nel disbrigo delle faccende domestiche erano ben lontane dai limiti della resistenza. Il vero problema doveva essere un altro, concluse: forse la noia. Alcuni medici dissero alle loro pazienti che dovevano passare una giornata fuori casa, andare al cinema in città. Altri prescrissero tranquillanti. Molte donne di casa prendevano tranquillanti come fossero state pasticche per la tosse. 26

 

Ho cominciato a vedere sotto una luce nuova questo ritorno americano al matrimonio precoce e alla famiglia numerosa, che sta provocando un’esplosione demografica. Ho cominciato a vedere nuove dimensioni nei vecchi problemi: le difficoltà delle mestruazioni, la frigidità sessuale, la leggerezza dei costumi, la paura della gravidanza, la depressione del parto, l’alta percentuale di collassi nervosi e di suicidi tra le donne dai 20 a 40 anni, la crisi della menopausa, la cosiddetta passività e immatu­rità degli uomini americani. 27

 

2 – Il personaggio dell’allegra donna di casa.

 

Quale bisogno, quale parte di se stesse tendono oggi a reprimere tante donne? In quest’epoca post-freudiana la prima cosa a cui si pensa è il sesso. Ma questo nuovo turbamento delle donne non sem­bra legato al sesso.

 

Può ben darsi che la donna moderna non sappi di che si tratti, non più di quanto la donna vittoriana sapesse di avere esigenze sessuali.

 

È monco anche l’ideale al quale si conformano le donne americane contemporanee? Questo ideale – creato dalle riviste femminili. Dalla pubblicità, dalla televisione, dal cinema, dai romanzi, dalle rubriche e dai libri scritti dagli esperti di problemi matrimoniali e familiari, di psicologia e di adatta­mento sessuale e dai volgarizzatori della sociologia e della psicanalisi – plasma la vita delle donne e ne riflette i sogni. 29

 

Ecco il resoconto completo di un tipico numero di «McCall’s» – rivista femminile che ha avuto la crescita più rapida.

1 – Un articolo di fondo sulla Crescente calvizie delle donne provocata da eccessivo uso della spaz­zola e delle tinture

2 – Una lunga poesia, stampata in caratteri delle scuole elementari, su un bambino, intitolata Un ra­gazzo è un ragazzo

3 – Una novella che racconta come una ragazza che non va al collage porti via l’uomo a una ragazza intelligente che va al collage.

4 – Una novella che descrive in dettaglio le sensazioni provate da un infante che getta il biberon fuori dalla culla.

5 – La prima parte di un resoconto del duca di Winsor su Come viviamo oggi e passiamo il nostro tempo la duchessa e io. L’influenza dei vestiti su di me e di me sui vestiti.

6 – Una novella su una ragazza diciannovenne che viene mandata ad una Scuola di fascino per im­parare a fare vibrare le ciglia e prendere al tennis.

7 – Il racconto di una coppia in luna di miele che fa la spola tra due camere da letto dopo aver litiga­to a Las Vegas intorno ad una perdita al gioco.

8 – Un articolo su Come superare un complesso di inferiorità

9 – Un articolo intitolato Il giorno delle nozza.

10 – La storia di una madre adolescente che impara a ballare il Rock and roll

11 – Sei pagine di fotografie di eleganti modelli di vestiti da gravidanza

12 – Quattro pagine a colori sul modo di Perdere peso come fanno le modelle

13 – Un articolo sui ritardi degli aerei di linea

14 – Carte-modello per cucire a casa

15 – modelli per fare Paraventi pieghevoli, magici e affascinanti

16 – Un articolo intitolato Enciclopedia per la ricerca di un secondo marito

17 – Un Grandioso Barbecue, dedicato Al gradne Mister americano il quale, col cappello di cuoio in testa e con il forchettone in mano, sta sulla terrazza o nel patio di una qualunque località del paese a sorvegliare

 

C’erano anche le normali rubriche sulle novità mediche e farmaceutiche, sull’allevamento dei bam­bini, le rubriche di Clare Booth Luce e Eleonor Roosvelt, e una rubrica di corrispondenza con i let­tori.

L’immagine che emerge da questa grossa e doviziosa rivista è giovane e frivola, anzi quasi infantile. … la rivista non trascura di certo il sesso.

 

Questa immagine della donna americana viene presentata nell’anno in cui Castro guidò la rivoluzio­ne di Cuba e si addestravano uomini per viaggiare nello spazio cosmico; nell’anno in cui varie na­zioni africane ebbero l’indipendenza, e un aeroplano più veloce del suono fece fallire una conferen­za al vertice; nell’anno in cui gli artisti organizzarono manifestazioni davanti ad un grande museo per per protestare contro l’egemonia degli astrattisti; in cui i fisici esplorarono il concetto di antima­teria e gli astronomi, grazie ai nuovi radiotelescopi, dovettero modificare le loro idee sull’universo in espansione; in cui i biologi riuscirono a penetrare per la prima volta nella chimica fondamentale della vita; e in cui nelle scuole del sud i giovani negri costrinsero gli stati uniti, per la prima volta dopo la guerra civile, ad affrontare un momento di verità democratica. Ma questa rivista, rivolta a più di 5 milioni di donne americane, che nella quasi totalità hanno completato le scuole secondarie superiori e per la metà hanno frequentato qualche anno di collage, no conteneva praticamente alcun accenno al mondo extradomestico. E non era l’anomalia di un particolare numero di una particolare rivista femminile. 30-32

 

Anche in passato l’immagine della donna era spaccata in due: la donna buona e pura sul piedistallo, e la prostituta dei desideri della carne. La nova spaccatura apre una prospettiva diversa: di qui la donna femminile, la cui bontà include i desideri della carne, di lì la donna che lavora autonomamen­te, la cui negatività comprende ogni aspirazione ad una personalità autosufficiente. 41

 

al tempo in cui cominciai a scrivere per el riviste femminili, negli anni 50, i direttori e i giornalisti davano per scontato che le donne non si interessavano della politica, della vita degli altri paesi, dei grandi problemi nazionali, dell’arte, della scienza, delle idee, delle avventure, dell’educazione. 45

 

la politica per le donne diventò i vestiti di Mamie Eisenhower e la vita casalinga della famiglia Ni­xon.

 

«Le donne non sono capaci di un0idea o di un concetto allo stato puro», dicevano gl uomini che di­rigevano le riviste femminili. «Dev’essere tradotta in un linguaggio da donne».

 

Nel 1960 un acuto psicologo sociale mi mostrò dei dati statistici che parevano dimostrare irrefuta­bilmente che le donne americane di età inferiore ai trentacinque anni non si interessano di politica. «Avranno il voto, ma non pensano minimamente di presentarsi candidate», mi disse. «Se scrivete un pezzo politico, non lo leggeranno. La politica deve essere convertita in spiccioli che siano in grado di capire: amore, gravidanza, allattamento, arredamento della casa, vestiti. Pubblicate un articolo sull’economia o sulla questione razziale, e scoprirete che è come se le donne non ne avessero mai sentito parlare.»

Forse non ne avevano mai sentito parlare. Le idee non sono come gli istinti, e non si presentano spontaneamente alla mente. Vengono comunicate attraverso l’istruzione, attraverso la parola stampa­ta. Le giovani donne di casa che lasciano la scuola secondaria o il collage per sposarsi, non leggono libri, affermano le inchieste psicologiche. Leggono solo riviste: e le riviste oggi partono dal presup­posto che le donne non si interessano delle idee. 47

 

La sola donna professionista che era sempre stata bene accetta nelle riviste femminili era l’attrice. Ma anche la sua immagine subì una sensibile trasformazione: da quella della persona complessa, di temperametno focoso, una misteriosa mescolanza di spiritualità ed erotismo, si passò all’oggetto sessuale, alla sposa bamboleggiante, alla donna di casa. Si pensi ad esempio a Greta garbo, a Marle­ne dietrich a Bette Davis, a Rosalind Russel, a Catherine Hepburn; e poi si pensi a Marilyn Monroe, Debie Reynolds, Brigitte Bardot e Lucille Ball. 48

 

Si affermò anche un nuovo tipo di direttore o editore di rivista, meno interessato a raggiungere la mente delle donne con idee, che a vendere loro le cose che premono agli inserzionisti: gli elettrodo­mestici, i detersivi, i rossetti.

 

Durante gli anni 40 e 50 scomparirono dalle riviste femminili anche i narratori di buon livello. 49

 

Ho parlato anche con una delle poche direttrici di rivista superstiti, che mi ha spiegato qual è stata la sua parte nella creazione della mistica della femminilità. «Molte di noi erano ricorse alle cure dello psicanalista», disse. «e cominciammo a provare disagio per il fatto di avere una carriera. Avevamo la terribile paura di aver perso la femminilità. E così si siamo messa a cercare un modo per aiutare le donne ad accettare il loro ruolo femminile.» 50

 

Ed ecco poi, in brillante e sorridente contrasto, le nuove mogli massaie, che coltivano la propria «diversità», «la loro eccezionale femminilità», «la ricettività e passività implicite nel loro sesso». 53

 

Questa nuova immagine pare esigere una sempre maggiore scervellatezza, una sempre maggiore in­sistenza sulle cose: due automobili, due televisori, due caminetti. Nelle riviste femminili pagine in­tere vengono riempite di enormi fotografie di verdure: barbabietole, cetrioli, peperoni verdi, patate, che vengono descritte in tono lirico. Il corpo dei caratteri di stampa è andato via via ingrandendosi fino a diventare quello usato per i libri della prima elementare.

 

E che cosa significa questo ingrandimento del corpo? È un implicito giudizio sull’intelligenza delle lettrici, o è un tentativo per celare la banalità del contenuto?

 

Fatto sta che le difficoltà dei creatori di stereotipi femminili sembrano aumentare in proporzione di­retta alla crescente idiozia dell’immagine che propongono. Durante gli anni in cui la nuova mistaca ha ristretto il mondo della donna alla casa, ciqnue delle riviste femminili di massa hanno cessato la pubblicazione; altre sono sull’orlod el fallimento. 59

 

Nel 1960 i redattori di una rivista che si rivolge specificamente alla giovane casalinga felice pubbli­carono un articolo intitolato Perché le giovani madri si sentono in trappola? I redattori restarono al­libiti vedendo arrivare 24 mila risposte.

 

I dettagli materiali della vita, il peso quotidiano del cucinare e del pulire, definivano il mondo della donna di un secolo fa, quando gli americano erano dei pionieri, e la frontiera era un fatto territoriale. Ormai le frontiere americane sono quelle della mente e dello spirito. L’amore, i bambini e la casa sono gran belle cose, ma non esauriscono il mondo: perché le donne dovrebbero essere disposte ad accettare questa immagine di una vita dimezzata al posto di una partecipazione integrale al destino umano? Perché dovrebbero sforzarsi di caricare il lavoro domestico di significati che non ha, invece di spostarsi sulle frontiere del loro tempo, come le donne americane si spostarono insieme ai loro mariti sulle vecchie frontiere territoriali? 60

 

3 – La crisi d’identità della donna [non si tengono in alcun conto le discussioni contemporanee – 1963 – sui dispositivi che generano identità]

 

E se quelle che scelgono la via dell’«adattamento femminile» si stessero puramente e semplicemen­te rifiutando di crescere, di affrontare la questione della propria identità?

 

La mia è stata la prima generazione di laureate a gettarsi nella nuova mistica della femminilità.

 

Quando andavo al collage avevo l’impressione – ma questa impressione stava già declinando – che saremmo state delle Donne Nuove. Il nostro mondo sarebbe stato più vasto della famiglia. Il 40% delle mie compagne dio corso dello Smith College aveva dei progetti professionali. 69

 

La mia tesi è che il nocciolo del problema della donna d’oggi non sia sessuale.

La società vittoriana non permetteva alla donna di riconoscere o soddisfare l’esigenza sessuale. La nostra società non concede alla donna la possibilità di riconoscere o soddisfare l’esigenza fonda­mentale della maturazione della personalità, un’esigenza che no si esaurisce nel ruolo biologico.

I biologi hanno scoperto di recente un «siero della gioventù», il quale, somministrato ai bruchi nella fase larvale, gli impedisce di maturare; vivono tutto l’arco della loro esistenza come bruchi. Gli ideali somministrati alle donne dalle riviste, dalla televisione, dal cinema, dai libri che volgarizzano delle mezze verità psicologiche, e dai genitori, dagli insegnanti, dai consulenti che accettano la mi­stica della femminilità, operano come un siero della gioventù, bloccando la maggior parte delle don­ne nello stato di larve sessuate. 70 [la mia costante sociologica del blocco generalizzato a 33 anni]

 

L’anatomia è il destino della donna, dichiarano i teorici della femminilità: l’identità della donna è determinata dal suo carattere biologico. 72

 

4 – Il viaggio appassionato

 

Negli ultimi anni si è irriso al femminismo come ad una barzelletta della storia. Per un po’ è stato di moda compatire con il sorriso sulle labbra queste vecchie femministe che lottarono per il diritto del­la donna all’istruzione superiore, alla professione e al voto. Erano vittime nevrotiche dell’invidia del pene, si diceva. Lottando su un piede di parità con gli uomini, negavano, si diceva, la loro natura di donne, che può realizzarsi soltanto con la passività sessuale, l’accettazione del dominio del maschio e le cure materne. 73.

 

È una strana perversione della storia che si accetti senza muover dubbi la teoria che l’impegno ap­passionato del movimento femminista venisse da zitelle piene di odio, di amarezza e di fame ses­suale, che bruciavano di una tale invidia dell’orgasmo maschile da volerne privare tutti gli uomini, e che chiedevano diritti soltanto perché mancava loro la capacità di amare come donne. 74

 

La parola «diritti» suona alquanto noiosa alle orecchie di coloro che sono cresciuti quando ormai erano stati conquistati. 75

 

Le prime donne che parlarono in pubblico, in America, a favore dei diritti della donna – Fanny Wright, figlia di un nobile scozzese, ed Ernestine Rose, figlia di un rabbino – vennero chiamate ri­spettivamente «la rossa sgualdrina dell’infedeltà» e «la donna mille volte inferiore a una prostituta».

 

L’immagine delle femministe come disumane mangiatrici di uomini – sia che si esprima come offe­sa contro Dio o, in termini moderni, come perversione sessuale – non è dissimile dallo stereotipo che ci presenta il negro come un animale primitivo, o il sindacalista come un anarchico. 78

 

La femminista doveva esercitarsi di nascosto in oratoria nella foresta

 

Lucy Stone. [siamo nel 1850] In un certo paese si fece circolare la voce che una grossa donna ma­scolina, che portava stivali, fumava sigari, bestemmiava come un soldato, era arrivata per tenere una conferenza. Le signore che vennero a sentire questo fenomeno da baraccone si stupirono di trovare Lucy Stone, piccola e delicata, vestita di seta nera col pizzo bianco al collo, «un prototipo di grazia femminile… fresca e bella come il mattino» 80

Lucy Stone: «Confido che mia madre veda e sappia quanto sono felice d’esser nata, e in un tempo in cui tante cose, alle quali potevo metter mano, richiedevano aiuti. Cara vecchia madre! Ebbe una vita dura, e le rincrebbe di avere un’altra femmina che condividesse la dura vita della donna… ma sono integralmente felice di essere nata».

 

In certe persone, a certe giunture della storia, la passione per la libertà è stata forte quanto le passio­ni dell’amore sessuale, o anche di più. 82

 

Non si può dire con certezza se l’identificazione emotiva delle donne americane con la battaglia per la liberazione degli schiavi riflettesse l’impulso inconscio della loro stessa ribellione. Ma è un fatto innegabile che organizzando, raccogliendo firme e parlando a favore della liberazione degli schiavi, le donne americane impararono a liberare se stesse. 83

 

I vestiti incredibilmente scomodi portati a quel tempo dalle «signore» erano un simbolo della loro schiavitù: busti così stretti da non consentire quasi di respirare, una mezza dozzina di gonne e sotto­vesti che pesavano nel complesso 5 o 6 chili, ed erano tanto lunghe da raccogliere i rifiuti per la strada. Lo spettro delle femministe che avrebbero tolto i calzoni agli uomini derivò in parte dal ve­stito «Bloomer»: una tunica lunga fino al ginocchio e sotto dei larghi pantaloni fermati alla caviglia. Elizabeth Stanton lo portò in un primo tempo con entusiasmo, perché consentiva di fare i lavori di casa comodamente, così come la donna d’oggi porta i calzoncini o i calzoni. Ma quando le femmini­ste cominciarono a portare questo vestito in pubblico come simbolo della loro emancipazione, furo­no accolte dagli scherzi pesanti dei giornali, dei ragazzini e dei bellimbusti: «Abbiamo messo que­sto vestito per acquisire una maggior libertà, ma cos’è la libertà fisica in confronto alla schiavitù mentale?» disse la Stanton, e smise di indossare il «Bllomer» 86

 

Se nel 19° secolo il movimento femminista fu alimentato dalla battaglia della liberazione degli schiavi, nel XX secolo ricevette impulso dalle battaglie per le riforme sociali di Jane Addams e del­la Hull House, dall’ascesa del movimenti sindacale e dei grandi scioperi contro le intollerabili con­dizioni di lavoro nelle fabbriche. Per le ragazze della Triangle Shirtwaist, che lavoravano per 6 dol­lari alla settimana fino alle dieci di sera e venivano multate se parlavano, ridevano o cantavano, l’u­guaglianza voleva dire qualcosa di più dell’istruzione o del voto. Organizzarono picchetti e resistet­tero per mesi nonostante il freddo e la fame. Parecchie di loro furono manganellate dalla polizia e trascinate in guardina coi cellulari. Le nuove femministe raccolsero soldi per pagare le cauzioni e fornire cibo alle scioperanti. 89

 

Un gruppo ceh più tardi si denominò «partito della donna» attirò a lungo l’attenzione dei giornali, organizzando picchetti davanti alla Casa Bianca. Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale si ebbe una reazione isterica nei confronti delle donne che si incatenavano ai cancelli della Casa Bian­ca: maltrattate dalla polizia e dalla magistratura, fecero lo sciopero della fama in prigione, e alla fine vennero sottoposte all’alimentazione forzata. 90

 

È stato davvero per reazione al femminismo che le donne si sono rinchiuse di nuovo nella famiglia? Sta di fatto che per le donne nate dopo il 1920 il femminismo era storia passata. Come movimento vitale, esso finì in America con la conquista di quell’ultimo diritto: il voto. Negli anni 30 e 40, il tipo di donna che si era occupata dei diritti della donna si occupava ancora di diritti umani e di libertà: a favore dei negri, ad esempio, o dei lavoratori oppressi, o delle vittime della Spagna di Franco o del­la Germania di Hitler. Ma nessuno si preoccupava molto dei diritti della donna: erano stati conqui­stati, e la cosa finiva lì.

 

L’ombra di disprezzo e autodisprezzo che poteva trasformare in bisbetica dominatrice la mite donna di casa spinse in qualche caso le figlie a diventare copie arrabbiate dell’uomo. Le prime donne che si occuparono di affari e che entrarono nelle professioni erano insicure nella loro nuova libertà, e talvolta temevano di essere dolci e gentili, di amare e di avere figli, perché avevano paura di perdere l’indipendenza e di trovarsi di nuovo in trappola come le loro madri.

 

Trovandosi ad una svolta nella storia dell’identità della donna, erano libere di scegliersi un’immagi­ne. Ma qual era l’alternativa che gli veniva presentata? Da una parte la femminista focosa e castra­trice, la donna che esercita una professione, priva di amore, sola. Dall’altra parte la dolce sposa e madre, amata e protetta dal marito, circondata dai figli adoranti.

 

Non fu soltanto il mito creato intorno alle femministe a farla retrocedere 92

 

La vera beffa che la storia ha giocato alle donne americane non è quella ceh spinge la gente ad irri­dere, con facili battute freudiane, alle femministe defunte. È la beffa che il pensiero freudiano ha giocato alle donne viventi, distorcendo la realtà delle femministe per ricavarne il mito della donna castratrice cara alla mmistica della femminilità. 93

 

 

5 – Il solipsismo sessuale di Sigmind Freud.

 

Dopo tutto i vecchi pregiudizi – le donne sono animali, men che umane, incapaci di pensare come gli uomini, nate solo per allevare e servire gli uomini – non erano stati debellati del tutto dalla cro­ciata femminista, dalla scienza e dall’istruzione, e dallo spirito democratico. Dagli anni 40 in poi hanno semplicemente assunto una maschera freudiana. La mistica della femminilità ha tratto la sua forza dal pensiero freudiano.

 

Come può una donna americana istruita, che non sia lei stessa una psicanalista, presumere di mette­re in dubbio una verità di Freud? Sa che la scoperta freudiana dei processi inconsci è stata una delle grandi rotture nella storia della conoscenza. 95

 

Quello ceh io metto in dubbio, in base alla mia esperienza e a quello che so di altre donne, è l’appli­cazione della teoria freudiana della femminilità alle donne d’oggi. Ciò che mi lascia perplessa non è il suo impiego nella terapia, ma il modo in cui è stata filtrata nella vita delle donne americane attra­verso riviste di massa e le opinioni e le interpretazione dei cosiddetti esperti.

 

La psicologia freudiana, con la sua insistenza sulla liberazione da una moralità repressiva ai fini del­la soddisfazione sessuale, faceva parte dell’ideologia dell’emancipazione femminile. La persistente immagine americana della «donna emancipata» è la flapper degli anni 20: la ragazza dai capelli cor­ti, con le ginocchia scoperte, che sbandiera la sua nuova libertà di vivere in uno studio del Greenwi­ch Village, o nel quartiere equivalente di Chicago, e di guidare l’automobile, bere, fumare, avere av­venture sessuali, o parlarne. E tuttavia oggi, per ragioni estranee alla vita di Freud, il pensiero freu­diano è diventato il sostegno ideologico della controrivoluzione sessuale che è in corso in america. Se non ci fosse stata la definizione freudiana della natura sessuale della donna a dare una nuova au­torità all’immagine convenzionale della femminilità, non credo che varie generazioni di americane istruite sarebbero state così facilmente distolte dell’incipiente consapevolezza della loro identità e dello loro possibilità. 96

Il concetto di «invidia del pene» inventato da Freud per descrivere un fenomeno che aveva osserva­to in alcune donne – cioè nelle sue pazienti viennesi di ceto medio in epoca vittoriana – venne as­sunto negli anni 40 in questo paese come spiegazione letterale di tutti i difetti delle donne america­ne.

 

Molti di coloro che si impadronirono del concetto di invidia del pene – non i relativamente pochi psicanalisti, ma mi molti volgarizzatori, sociologi, predicatori, manipolatori pubblicitari, giornalisti delle riviste di massa, esperti dell’infanzia, consulenti matrimoniali, ministri del culto, autorità salot­tiere…

 

ed è sufficiente sapere per quale ragione ha descritto il fenomeno in questo modo per comprendere che per molti versi il concetto è superato, poiché è contraddetto da nozioni che ormai fanno parte del pensiero di qualsiasi sociologo d’oggi, ma che non erano ancora note al tempo di Freud. 97

 

Molte cose che Freud attribuiva alla natura umana universale erano invece tutti peculiari di certi eu­ropei, uomini e donne, della classe media alla fine del XIX secolo.

 

I freudiani ortodossi sostengono ancora l’origine sessuale di tutte le nevrosi, e poiché cercano nei loro pazienti dei ricordi sessuali inconsci, e traducono in simboli sessuali ciò che sentono dire, rie­scono sempre a trovare ciòc eh cercano. 98

 

Proprio per l’influenza di Freud sulla nostra civiltà, di solito i genitori istruiti stanno attenti, nel campo dell’educazione al controllo intestinale, a non esercitare pressioni capaci di produrre conflitti. 100

 

Se si considerano le teorie di Freud ricollegandole alla sua vita personale, si è portati a pensare ad una vecchia zitella puritana che veda il sesso ovunque. 104

 

Freud non si preoccupava di mutare la società, ma di aiutare l’uomo e la donna ad adattarsi ad essa. Così egli racconta il caso di una zitella di mezza età, che liberò da un «complesso del sintomo», il quale da 15 anni le rendeva impossibile la vita. Liberata da questi sintomi, «si lanciò in una attività vorticosa per sviluppar ei suoi talenti, che non erano affatto piccoli, per ricavare un po’ d’ammira­zione, soddisfazione e successo dalla vita prima che fosse troppo tardi». Ma i suoi tentativi finirono quando vide che non c’era posto per lei. Dal momento che non poteva più ripiegarsi su sintomi ne­vrotici, cominciò ad avere incidenti; ebbe distorsioni alla caviglia, al piede, alla mano. Quando an­che questo venne analizzato, «invece che incidenti, in queste occasioni, passò ad avere piccole ma­lattie, come catarro, mal di gola, influenza, reumatismi, finché alla fine si decise a rassegnarsi all’i­nattività, e tutto questo cessò». 113

 

Sarebbe ridicolo insinuare che il modo in cui le teorie freudiane sono state utilizzate per indottrinare due generazioni di americane istruite fosse una sorta di complotto psicanalitico. L’applicazione è stata fatta da volgarizzatori bene intenzionati e da travisatori ignari; da neofiti ortodossi e da gente che seguiva la moda; da quelli che avevano i disturbi, e da quelli che li curavano, e da quelli ceh traevano profitto dai disturbi; e soprattutto da una combinazione di forze ed esigenze peculiari al popolo americano in quel particolare periodo. 117

 

Dopo la depressione, dopo la guerra, la psicologia freudiana diventò assia più di una scienza del comportamento umano, d’una terapia per l’ammalato. Diventò un’ideologia generale americana; una nuova religione. Riempì quel vuoto di pensiero e di intenti che esisteva in molt per i quali Dio, o la patria, o il conto in banca non erano più sufficienti; e che tuttavia erano stanchi di sentirsi responsa­bili dei linciaggi e dei campi di concentramento e dei bambini affamati dell’India e dell’Africa. For­nì una comoda scappatoia dal pensiero della bomba atomica, da McCarthy, da tutti gli inquietanti problemi che avevano potuto sciupare il gusto delle bistecche, delle automobili, della televisione a colori e delle piscine domestiche. Ci autorizzò a sopprimere le spinose questioni del mondo esterno e a perseguire i nostri piaceri personali. E se la nuova religione psicologica – che fece della sessualità una virtù – tolse ogni ombra di peccati dai vizi privati, e gettò il sospetto sulle alte aspirazioni della mente e dello spirito – ebbe un effetto personale più devastante sulle donne che sugli uomini, non fu perché qualcuno l’avesse programmato. 118

 

Freud era il leader spirituale, le sue teorie erano la Bibbia. La loro misteriosa complessità era affa­scinante per gli americani annoiati. E se c’era qualcosa che rimaneva impenetrabilmente misterioso, chi avrebbe mai ammesso di non essere in grado di capirlo? L’America diventò il centro del movi­mento psicanalitico, a mano a mano che gli psicanalisti freudiani, junghiani e adleriani, fuggiti da Vienna e da Berlino, si insediarono nella società americana; e così fiorirono nuove scuole sulle ne­vrosi e suoi dollari degli americani.

Ma la terapia psicanalitica non era la responsabile principale della mistica della femminilità. Que­st’ultima fu la creazione di scrittori e redattori dei mass media, di ricercatori motivazionali delle agenzie pubblicitarie, e, dietro a questi, di volgarizzatori e interpreti del pensiero freudiano inseriti nei colleges e nelle università. Le teorie freudiane e pseudofreudiane si posarono dappertutto come una sottile cenere vulcanica. Il freudiano permeò e trasfigurò la sociologia, l’antropologia, la peda­gogia e persino lo studio della storia e della letteratura.

 

Movimenti paralleli esterni a collages – educazione dei genitori, gruppi per lo studio del bambino, la maternità prenatale, e l’educazione alla sanità mentale -diffusero il nuovo superego psicologico in tutto il paese, sostituendosi al bridge e alla canasta come svago delle giovani mogli istruite. 119

 

6 – Il congelamento funzionalista, la protesta femminile e Margeret Mesd

 

Questo funzionalismo mette in guardia specificamente contro ogni modo di vedere le «differenze tra uomini e donne» che non sia «l’adattamento» a tali differenze come oggi si configurano. 124

 

Essi presupponevano un presente senza fine e fondavano il loro ragionamento sul rifiuto di ammet­tere la possibilità di un futuro diverso dal passato. Naturalmente il loro ragionamento poteva regge­re solo fino a quando il futuro non fosse mutato. Come ha osservato C. P. Snow, la scienza e gli scienziati guardano al futuro. Sotto la bandiera funzionalista, gli scienziati sociali erano così rigida­mente orientati sul presente da negare il futuro; le loro teorie rafforzarono i pregiudizi del passato e di fatti impedivano il mutamento.

Gli stessi sociologi sono arrivati di recente alla conclusione che il funzionalismo era piuttosto «im­barazzante», perché in sostanza non diceva nulla. 130

 

L’influenza più importante sulle donne contemporanee, sia sul piano del funzionalismo che su quel­lo della protesta femminilista, è stata quella esercitata da Margaret Mead. La sua opera sulla cultura e la personalità, di libro in libro, di stusio in studio, ha avuto un effetto profondo sulle deonne della mia generazione, di quella precedente e di quella che adesso sta maturando, in America la Mead è stata, ed è tutt’ora, il simbolo della donna pensatrice. Nei colleges i suoi libri vengono prescritti alle ragazze che studiano antropologia, sociologia, psicologia, pedagogia e «matrimonio e vita familia­re»; a livello universitario più avanzato a coloro che un giorno insegneranno alle ragazze e faranno da consulenti alle donne; nelle scuole di medicina ai futuri pediatri; e persino nelle facoltà di teolo­gia ai giovani ministri del culto. E inoltre la Mead viene letta da ragazze e donne di tutte le età sulle riviste specializzate. Margaret Mead è la migliore volgarizzatrice di se stessa e la sua influenza è stata avvertita a quasi tutti i liovelli del pensiero americano. 132

 

Il tema fondamentale del culto iniziatico è che le donne, in virtù della loro capacità di generare figli, possiedono il segreto della vita. Il ruolo del maschio è incerto, indefinito e forse non necessario. Con un grande sforzo l’uomo ha trovato un metodo per compensarsi della sua fondamentale inferio­rità. 138

 

La visione che la mistica della femminilità ha tratto da Margaret Mead è quella di un mondo in cui le donne, solo perché sono donne e partoriscono figli, otterranno lo stesso rispetto accordato agli uomini per le loro conquiste creative; come se il possesso dell’utero e delle mammelle sia in grado di conferire alla donna una gloria che gli uomini non possono mai conoscere, anche quando faticano tutta la vita per creare. In un mondo siffatto, tutte le altre cose che una donna è in grado di fare, o di essere, sono soltanto pallidi sostituti del concepimento di un bambino. La femminilità diventa qual­cosa di più di ciò che dichiara la società; diventa un valore che la società deve difendere dall’assalto distruttore della civiltà al pari del bufalo ormai in via di estinzione.

Le eloquenti pagine di Margaret Mead hanno indotto moltissime donne americane a invidiare la se­rena femminilità di una samoana dal petto nudo, e a cercare di rendersi delle languide selvagge, coi seni liberati dalla prigionia del reggipetto e il cervello non turbato dalla pallide conoscenze delle mete del progresso umano. 140

 

La biologia della donna può essere immutabile, ma la natura del rapporto umano con la biologia è mutata. Il nostro sapere in continuo aumento, la crescente potenza dell’intelligenza umana ci hanno dato la consapevolezza di fini e obiettivi che superano i semplici bisogni biologici della fame, della sete e della sessualità. 141

 

Col suo ammonomento che le donne che cercano una soddisfazione fuori del loro ruolo biologico corrono il pericolo di diventare streghe, desessualizzate, ha indicato ancora una volta una scelta fit­tizia. Essa ha persuaso le ragazza a rinunciare a una parte della loro umanità duramente conquistata per non perdere la loro femminilità. 143

 

7 – Gli educatori sessuo-diretti

 

Nel 1870 le donne erano il 21% degli studenti di college americani; nel 1920 erano il 47%; nel 1958 la percentuale è scesa al 35,2%.

 

I nostri genitori si aspettano che andiamo al collage. Tutte ci vanno. Se non ci si va si diventa dei paria sociali nel nostro ambiente. Ma una ragazza che prenda sul serio quello che studia – e voglia proseguire gli studi e fare delle ricerche – sarebbe strana, poco femminile.

 

Scopri che vigeva una tacita regola la quale vietava di parlare di materie e di problemi intellettuali in certi dormitori.

«Tutto sta nel prendere le cose in modo leggero… La gente che prende le cose troppo sul serio viene compatita o canzonata» Un’altra ragazza aggiunse «Forse si verrebbe compatite. Io penso che si può anche essere serie rispetto allo studio purché ci si fermi ogni tanto a pensare: “Ma quanto è buffo tutto questo!”» La cosa diventa accettabile perché viene fatta con aria di scherzo. 151

 

Sotto l’influenza della mistica della femminilità, certi professori e presidenti di collage, incaricati dell’istruzione delle donne, erano arrivati a preoccuparsi più delle future capacità dello loro allieve di raggiungere l’orgasmo sessuale, che non della loro futura capacità di utilizzare l’intelligenza ceh possedevano. Anzi si può dire che alcuni dei più importanti educatori si preoccupavano piuttosto di proteggere le allieve dalla tentazione di servirsi della intelligenza critica e creativa che già avevano. Così l’istruzione superiore aggiunse il suo peso al processo tendente a plasmare la donna americana secondo la sua funzione biologica. 152

 

Se avevano ragione i freudiani e i funzionalisti, gli educatori erano colpevoli di aver tolto la femmi­nilità alla donna americana, di averla condannata alla frustrazione dell’esistenza della casalinga e della madre, o a una vita da zitella provata dell’orgasmo. Era un’accusa pensante.

Molti presidenti di collage e molti pedagogisti confessarono la colpa senza obiettare nulla, e si alli­nearono al nuovo orientamento. Certamente ci furono taluni educatori di vecchi stampo che ritene­vano la mente più importante del letto matrimoniale, ma spesso erano persone vicine al pensiona­mento, e venenro rimpiazzati da giovani educatori «sessuo-diretti».

 

Il vecchi obiettivo dell’istruzione, cioè lo sviluppo dell’intelligenza mediante l’addestramento nelle discipline intellettuali fondamentali, era già in disgrazia presso gli educatori del nuovo tipo. 153

 

Invece di insegnare loro verità per combattere i pregiudizi ereditati dal passato, l’educatore sessuo-diretto somministrava alle ragazze un raffinato pasticcio di prescrizioni e previsioni acritiche, assai più costrittuive e pregiudizievoli di tuti i divieti e precetti tradizionali. Tutto questo veniva fatto consapevolmente, da educatori i quali credevano davvero nella mistica trasmessagli dagli scienziati sociali.

 

Dal punto di vista della nuova mistica la donna studiosa appariva sospetta.

Per autodifesa talvolta essa adottava camicette frivole o qualche altro innocuo segno esteriore della protesta femminilista (un osservatore una volta osservò che ai congressi psicanalitici le analiste si camuffavano con graziosi, floreali, femminili cappelli che farebbero sembrare decisamente mascoli­ne le donne di casa suburbane).

 

L’educatore sessuo-diretto considera mascolina la nostra «enormemente sopravvalutata creatività in­tellettuale», «l’innovazione»,«il pensiero astratto», di cui naturalmente lo spaventoso simbolo è il comunismo o la bomba atomica. Contro questo cose sono femminili «il senso delle persone, del­l’immediato, dei rapporti qualitativi intangibili, l’avversione per le statistiche e le quantità», «l’intui­tivo», ciò che è «buono, vero, bello, utile e sano».

Un’istruzione superiore femminilizzata potrebbe comprendere la sociologia, l’antropologia, la psico­logia («Questi sono studi che poco si preoccupano del genio coronato dall’alloro dell’uomo forte», afferma il protettore scolastico della femminilità. «Essi si dedicano ad esplorare le forze tranquille e non spettacolari della società e della mente … »). Non includerebbe la scienza pura (dal momento che la teoria astratta e il pensiero quantitativo sono poco femminili) o le belle arti, che sono masco­line, «vistose e astratte». Invece le arti applicate e minori sono femminili: la ceramica, le stoffe, le opere foggiate più dalla mano che dal cervello. «Le donne amano la bellezza quanto gli uomini, ma vogliono una bellezza legata al processo del vivere…» 155

 

Ecco un’istruzione veramente adatta alle donne: «… quando ad esempio facciamo notare che i cavo­letti di bruxelles strabolliti, alla maniera inglese, non solo hanno un gusto peggiore, ma hanno anche un minor contenuto vitaminico. Perché non studiare la teoria e la preparazione della paella basca, di uno spiedino alla turca ben marinato, dei rognoncini d’agnello allo sherry, di un curry autorevole, dell’uso delle erbe, e persino si semplici eleganze come il servire carciofi freddi con latte fresco»

 

Il nuovo educatore resta piuttosto indifferente di fronte all’argomento che un programma di studi per il collage non deve essere contaminato o diluito con materie come l’arte del cucinare, o i lavori fem­minili, ceh possono essere insegnate proficuamente a livello di scuola secondaria. Bisogna insegnar­le alle ragazze alla scuola secondaria, e poi di nuovo, «con maggiore intensità è immaginazione», al collage. Anche i ragazzi si dovrebbero dare un po’ di istruzione «orientata sulla famiglia», ma non durante il collage; un addestramento manuale impartito all’inizio della scuola secondaria sarà suffi­ciente a «metterli in grado negli anni futuri di fare allegramente dlle piccole riparazioni o del giardi­naggio» 156

 

8 – La scelta sbagliata

 

Norman Mailer e i giovani beatniks confinavano il loto spirito rivoluzionario al sesso, all’eccitazio­ne, alle droghe e reclamizzavano se stessi a forza di parolacce. 182

 

La famiglia numerosa, il movimento verso il suburbio, quello del do-it-yoursels e persino quello dei beatniks rispondevano a esigenze casalinghe. 183

 

Il conflitto edipico e la rivalità tra fratelli diventarono espressioni casalinghe. Per l’infanzia la fru­strazione era un pericolo non minore della scarlattina. E sulla madre si concentro una particolare at­tenzione. Improvvisamente si scopri che si poteva imputare alla madre la colpa di quasi tutto. In ogni caso clinico di bambino afflitto da turbe emotive, in ogni caso d adulto alcolizzato, schizofre­nico, suicida, psicopatico, nevrotico, in ogni caso di impotenza e omosessualità maschile, di frigidi­tà e ninfomania femminile, in ogni caso di americano afflitto da ulcera, asma o altri disturbi, si pote­va scoprire sullo sfondo una madre. 184

 

… mancava ai genitori polacchi la tecnica di «assorbire la personalità del bambino» … quell’assorbi­mento fisico ed emotivo del bambino, con la conseguente dipendenza assoluta dai genitori, che si ri­trova nei figli della classe media bianca americana ceh vivino nelle città e hanno frequentato il col­lage. 196

 

… ma la vera implicazione non era forse che il ruolo della donna americana di ceto medio costringe molte madri a soffocare, ad assorbire la personalità dei figli sia maschi che femmine? 198

 

 

9 – L’imbonimento sessuale.

 

Negli anni 50 ci fu la rivoluzionaria scoperta del mercato degli adolescenti [il giovane holden – gli anni 50 sono anche gli anni di Aspettando Godot, della Nascita della Pop-Art e successivamente della letteratura Post-moderna] gli adolescenti e le giovani coppie cominciarono ad occupare un po­sto importante nelle indagini. Si scoprì che le giovani spose, che avevano frequentato solo la scuola secondaria e non avevano mai lavorato, erano più«insicure», meno indipendenti, più facili all’acqui­sto. Era possibile dire a queste giovani che, comprando le cose giuste, potevano raggiungere, senza fatica o studio, una posizione da ceto medio. 212

 

[Indagine di mercato – bocconismi] «Il 49% delle nuove spose sono adolescenti, e il numero delle ragazze che si sposano a 18 anni è in continuo aumento… Ma il fatto più importante è di natura psi­cologica: oggi il matrimonio non è il culmine di un attaccamento romantico; in modo più conscio e più lucido che in passato, è anche la decisione di creare una società fondando una casa comoda, at­trezzata con un gran numero di prodotti desiderabili. Parlando con moltissime coppie e con future spose, abbiamo scoperto che di regola le loro conversazioni e i loro sogni si rivolgono in larghissi­ma misura alle future case e ai loro arredamenti, al giro dei negozi “in cerca di idee”, all’esame dei vantaggi e degli svantaggi dei prodotti» 213

 

Nel vendere i loro prodotti, queste industrie devono mettere in evidenza la «creatività duratura» del cucito [sembra che le agenzie pubblicitaria stiano già consumando quel futuro che in questo libro si prospetta]

 

[Indagine di mercato – bocconismi] «La preoccupazione dei prezzi non è per la maggioranza delle donne un bisogno finanziario, ma è piuttosto un bisogno psicologico… sempre di più un “buon affa­re” significa che “io posso comprare ora qualcosa che non mi potrei permettere se costasse di più”, ma soprattutto che “faccio bene il mio lavoro di casalinga; contribuisco al benessere della famiglia proprio come fa mio marito lavorando e portando a casa lo stipendio”» 217

 

«Noi [i consulenti motivazionali delle agenzie pubblicitarie] le abbiamo aiutate a riscoprire la casa come espressione della loro creatività … le aiutiamo a concepire la casa moderna come lo studio di un artista, il laboratorio di uno scienziato … sollecitiamo l’inconscio perché si muova più rapida­mente … noi indichiamo a fabbricanti di mobili come dire alla casalinga che è creativo stare in cuci­na. Noi liberiamo il suo desiderio di essere creativa in cucina» 220

 

Bisogna dire che i ricercatori motivazionali hanno capito certi aspetti della realtà della vita e delle esigenze della casalinga: una realtà che era spesso sfuggita ai loro colleghi della sociologia accade­mica e della psicologia terapeutica, che vedevano le donne attraverso un velo freudiano-funzionali­sta. Con proprio profitto, e con vantaggio dei loro clienti, i manipolatori hanno scoperto che milioni di casalinghe americane apparentemente felici hanno complesse esigenza che la casa, la famiglia, l’amore e i figli non possono soddisfare.

 

Sono colpevoli di persuadere le casalinghe a restare in casa, ipnotizzate davanti al televisore, mentre tute le loro esigenze umane restano insoddisfatte. 221

 

Una nuova cucina o la carta igienica più morbida non fanno della donna una moglie migliore. Tin­gersi i capelli non arresta il tempo; l’acquisto di una Plymouth non dà una nuova identità; fumare una marlboro non le procurerà un invito a letto. 222

 

10 – L’espansione del lavoro casalingo

 

Quando la mistica della femminilità ha rispedito di nuovo a casa le donne, il lavoro domestico do­veva espandersi sino a diventare un’occupazione a tempo pieno. L’amore sessuale e la maternità di­vennero per forza il centro della vita, e assorbirono tutte le energie creative delle donne. La natura stessa della responsabilità verso la famiglia doveva per forza ampliarsi per prendere il posto della responsabilità verso la società; e quindi ogni elettrodomestico inteso a far risparmiare tempo com­portò un’espansione delle faccende domestiche.

L’asciugatrice automatica non risparmia alla donna le 4 o 5 ore settimanali che era solita dedicare ad appendere e togliere i panni, se, ad esempio, essa adopera la lavatrice e l’asciugatrice ogni giorno. Una giocane madre mi ha detto: «Ora si possono avere le lenzuola pulite due volte alla settimana. La settimana scorsa, quando la mia asciugatrice si è rotta, siamo rimasti 8 giorni senza poter cam­biare le lenzuola. Tutti si sono lamentati. Ci sentivamo tutti sudici. Io mi sono sentita colpevole. Non è sciocco?»

l’odierna casalinga americana dedica molto più tempo a lavare, asciugare e stirare di quanto vi dedi­casse sua madre. Se possiede un congelatore elettrico e un frullatore, dedica molti più tempo a cuci­nare della donna che non li possiede.

Se si possiede un frullatore elettrico, si deve usarlo: certe complicate ricette col purè di castagne, il crescione e le mandorle richiedono più tempo delle costolette d’agnello alla griglia.

Secondo un’inchiesta del Bryn Mawr College, fatta subito dopo la guerra, le faccende domestiche richiedevano in una tipica famiglia rurale degli Stati Uniti 60 ore e mezza circa alla settimana, nelle città con meno di 100 mila abitanti un po’ più di 78, e in quelle con più di 100 mila abitanti 80 ore e mezza circa. Con tutti i loro elettrodomestici, le casalinghe dei suburbi e delle città dedicano più tempo alla faccende domestiche dell’indaffarata moglie dell’agricoltore. Naturalmente quest’ultima ha molte altre cose da sbrigare. 232

 

Nonostante l’aumento della popolazione e il movimento di quest’ultima dalla campagna alla città, con il concomitante aumento dell’industria e delle professioni, nel primo cinquantennio del ventesi­mo secolo la percentuale delle donne americane che lavorano fuori casa è aumentata di pochissimo, mentre la percentuale delle donne che svolgono una professione è addirittura diminuita. Nel 1930 erano quasi la metà della forza impiegatizia del paese, ma nel 1960 sono scese al 35%, nonostante il fatto che il numero delle diplomate di collage si era quasi triplicato.

E tuttavia resta il fatto che un numero sempre maggiore di compiti casalinghi è stato sottratto alle casalinghe suburbane e cittadine: la confezione di conserve, la cottura del pane, la tessitura e la con­fezione di vestiti, l’educazione dei bambini, la cura degli ammalati e dei vecchi. Le donne possono rovesciare la storia – o illudersi di poterla rovesciare – facendo il pane a casa, ma la legge non con­sente loro di istruire i figli a casa, e ci sono poche casalinghe disposte a sostituirsi alla competenza professionale del medico e dell’ospedale. 234

 

una dei grandi mutamenti avvenuti in America dopo la seconda guerra mondiale è stato l’esplosivo movimento verso il suburbio, quelle distese brutte e sterminate che stanno diventando un problema nazionale. I sociologi fanno notare che un tratto distintivo di questi suburbi è il fatto che le donne che vi risiedono sono più istruite delle cittadine, e che in gran maggioranza sono casalinghe a tempo pieno. 234

 

Ma questa trappola domestica non è forse un’illusione…? consideriamo, ad esempio, la pianta aperta delle case a ranch o a split-level – costo da 14 mila e 990 dollari a 54 mila e 990 dollari – che sono state costruite a milioni da Roslyn Heights alle Pacific Palissades. Queste case danno l’illusione di disporre di uno spazio maggiore per una spesa minore.

 

Non ci sono vere pareti o porte; la donna che sta nella bella cucina elettronica non riesce mai ad iso­larsi dai figli. Non si sentirà mai sola neanche per un minuto. … il continuo disordine ha bisogno di continue attenzioni.

 

Una mia amica, una brava scrittrice trasformatasi in casalinga a tempo pieno, si fece costruire una casa di questo genere da un architetto, dandogli le istruzioni. La casa, che costava all’incirca 50 mila dollari, era praticamente un’unica grande cucina.

 

È curioso come in queste case spaziose e in questi sterminati suburbi ci siano così pochi posti dove si possa restare appartati.

 

Il problema della casalinga americana è che essa non ha una privacy che le consenta di coltivare propri interessi, ma anche se disponesse di più tempo e spazio per se stessa, non saprebbe che farse­ne. 236-237

 

Registrando e analizzando ogni movimento compiuto da un gruppo di casalinghe, una ricerca è arri­vata alla conclusione che la maggior parte dell’energia impiegata nelle faccende domestiche è super­flua. 239

 

Il problema della “stanchezza della casalinga” ci dà un altro indizio … Certi medici, avendo scoper­to che queste madri dormono sufficientemente, o anche più che sufficientemente, hanno sostenuto che la causa fondamentale di questa condizione non era la stanchezza, ma la noia. 240

 

Si è scoperto che i compiti casalinghi pesanti non bastano a spiegare la stanchezza… Quanto più l’intelligenza è superiore ai requisiti del posto, tanto maggiore è la noia… è una condizione così risa­puta che i datori di lavoro esperti non assumo mai persone di intelligenza superiore alla media per assegnarle a compiti di routine. 241

 

Altre donne mangiano, mentre sbrigano le faccende domestiche, solo per riempire il tempo…. tante casalinghe americane hanno lo stesso aspetto piatto e spento … mancanza di vitalità, spaventosa uni­formità delle loro vite, i furtivi spuntini tra un pasto e l’altro, le bevande alcoliche, i tranquillanti, i sonniferi. Anche tenendo conto delle diverse personalità di queste donne, deve esserci qualcosa nel­la natura della loro attività, dell’esistenza che conducono, a spingerle a queste evasioni.

 

11 – L’evasione sessuale

 

In una serie di interviste ponevo domande alle casalinghe, alcune di queste donne davano per scon­tato che le stessi interrogando sulla loro vita sessuale. Il loro problema era dunque di carattere ses­suale? Avrei anche potuto pensarlo, ma sta di fatto che quando queste donne parlavano di sesso, c’e­ra una nota falsa, irreale nelle loro parole. Facevano misteriose allusioni o accenni generali; non at­tendevano altro che domande riguardanti la vita sessuale; anceh se non glielo chiedevo provavano spesso gusto a raccontarmi in dettaglio le loro avventure sessuali. Non stavano inventando; queste avventure erano piuttosto reali. Ma cos’è che le rendeva tanto «irreali»?

 

Una madre di 5 figli, trentenne, mentre sferruzzava con calma, mi disse che progettava di andare a vivere, forse nel Messico, con un uomo con cui aveva una relazione. Non lo amava, ma pensava che se si fosse data a lui «completamente», avrebbe potuto provare quelle sensazioni che ora sapeva es­sere «la sola cosa importante della vita». 247

 

queste donne coniugate sembrano incanalare in un’insaziabile ricerca sessuale quelle enrgie che la mistica della femminilità gli vieta dedicare a fini umani più impegnativi. Si servono del sesso per soddisfare esigenze che non sono sessuali. È per questo che, pur raggiungendo l’orgasmo, si sentono «insoddisfatte».

La sessualità è l’unica frontiera rimasta aperta alle donne che vivono entro i confini della mistica della femminilità. Negli ultimi 15 anni questa frontiera è stata costretta ad espandersi oltre i limiti delle sue possibilità, per riempire il vuoto creato dall’esclusione della donna americana da fini e im­pegni più importanti.

 

Non è esagerato affermare che si è riusciti a fissare sulla sessualità varie generazioni di americane.

 

Il sesso, nell’america della mistica della femminilità, sta diventando una compulsione nazionale sin­golarmente priva di gioia, se non addirittura una beffa.

 

La valanga incessante di manuali che descrivono «nuove tecniche sessuali» rileva una infinita man­canza di piacere. Questa noia sessuale si manifesta nei seni sempre più grandi della divetta holly­woodiana, e nella comparsa del fallo maschile come «trovata» pubblicitaria.

 

Di tutti i nuovi fenomeni sessuali comparsi nell’epoca della mistica della femminilità, i più ironici sono i seguenti: la fame sessuale frustrata della donna americana è aumentata, e i conflitti intorno alla femminilità si sono intensificati dopo l’abbandono dell’attività indipendente per la ricerca di una soddisfazione delimitata dal ruolo sessuale svolto nella casa.

 

Nell’ultimo decennio s’è visto invece un enorme aumento dell’interesse per il sesso e delle fantasie sessuali. 249

 

Nello stesso periodo le riviste femminili mostrano una maggiore preoccupazione per la vita sessua­le, mascherandola in modo un po’ malsano. Rubriche «sanitarie» del tipo Come far funzionare il matrimonio, Si può salvare questo matrimonio? Mi dica, dottore, descrivevano i dettagli sessuali più intimi in maniera moralistica come «problemi».

 

I film e il teatro tradivano crescente interesse per le perversioni e le anomalie sessuali. 251

 

il miglio esempio di questo fenomeno è stato il film italiano La dolce vita, il quale, nonostante le sue pretese artistiche e simboliche, ebbe un grande successo in America per la sua coloritura sessua­le molto reclamizzata. …C’era la ricca ragazza libertina che aveva bisogno dello stimolo del letto della prostituta, le donne, aggressivamente affamate di rapporti sessuali, dell’orgia a lume di candela nel castello… 252

 

In generale gli uomini dedicano la maggior parte del loro tempo a imprese e passioni che non sono sessuali, e provano un minor bisogno di riempire tutto il tempo disponibile con il sesso. … dall’ado­lescenza fino alla soglia della vecchiaia, le donne americane sono destinate a impiegare gran parte della loro vita in fantasie sessuali. 253

 

In America, secondo i sociologi, il divorzio è in quasi tutti i casi desiderato dal marito, anche se è apparentemente la moglie che lo ottiene. Esistono molte ragioni per il divorzio, ma quella principale sembra essere la crescente avversione ed ostilità che gli uomini provano per quella corda al collo che è la moglie.

 

Secondo Kinsey, dopo il 15° anno di matrimonio la maggioranza degli sfoghi sessuali dei maschi americani non avvengono con la moglie; a 55 anni, un americano su due ha una relazione extraco­niugale. Questo maschio alla ricerca di avventure sessuali – il flirt in ufficio, la relazione occasiona­le o intensa, o anche il rapporto mercenario satirizzato nel film L’appartamento – è spinto assai spesso solo dall’esigenza di sfuggire alla moglie divoratrice.

A volte l’ostilità per la moglie lo spinge a cercare nel sesso un oggetto privo di rapporti umani.

 

Senza dubbio l’insofferenza maschile per le donne – e inevitabilmente per i rapporti sessuali – è au­mentata enormemente nell’epoca della mistica della femminilità.

 

Il simbolo pubblico di questa ostilità maschile è il passaggio dei commediografi e dei romanzieri americani dai problemi del mondo all’ossessione per la donna predace. 263

 

12 – Progressiva disumanizzazione

 

lo stupefatto riconoscimento ceh questa non-identità passiva era «qualcosa di nuovo nella storia» ar­rivò solo quando cominciò a manifestarsi nei maschi. Ma quell’essere apatico, dipendente, infantile, privo di mete, che appare così inumano quando in lui si ravvisa il nuovo uomo americano, ricorda stranamente la personalità «femminile» definita dalla mistica della femminilità. Le principali carat­teristiche della femminilità – che Freud erroneamente ricollegò alla biologia dei sessi – non sono forse la passività, la debolezza dell’ego o del senso della propria personalità, la debolezza del supe­rego o della coscienza, la rinuncia ad avere fini, ambizioni, interessi attivi, l’inettitudine al pensiero astratto, il ritrarsi dall’attività rivolta al mondo esterno a favore di un’attività diretta all’interno o dal­la fantasia? 278

 

Nel marzo 1962, al congresso nazionale della Child Study Association, il nuovo fenomeno del ma­trimonio, della maternità e della paternità precoci, che in precedenza era stato considerato un indice della «migliore maturità emotiva» della giovane generazione, è stato finalmente riconosciuto come un segno di crescente «infantilizzazione». 294

 

13 – L’io rinnegato

 

Nella nostra società l’amore è stato quasi sempre definito, almeno per le donne, come una fusione completa degli esseri: come toogetherness, come rinuncia all’individualità piuttosto che suo raffor­zamento. 317

 

14 – Un nuovo programma di vita per le donne

 

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